FAVOLA Rambè e Ambè
Nella lontana misteriosa terra del Tibet c’era una volta un gatto che viveva in un tempio infestato dai topi. Per molti anni il gatto aveva potuto catturare topi a volontà, conducendo una vita beata e tranquilla.
Ma col passare del tempo diventò vecchio e torpido e si accorse che non riusciva più a catturare i topi con tanta facilità. Non era più abbastanza veloce, e i topi si dileguavano prima che egli saltasse loro addosso.
Il gatto tuttavia era una creatura astuta, e pensò: “Se non posso più procurarmi la preda con la prontezza dei movimenti, lo farò con la prontezza dell’ingegno”.
Un giorno convocò tutti i topi per un colloquio. I topi uscirono prudenti dai loro buchi, naso e coda vibranti, perchè non si fidavano del gatto. Ma il gatto promise di non far loro alcun male.
Poi disse: “Vi ho tutti convocati qui perchè ho qualcosa di importante da comunicarvi. Fino ad oggi ho condotto una vita poco lodevole, ma ora che sono vecchio mi pento dei danni e dei guai che vi ho arrecato. D’ora in poi tutto cambierà: ho deciso di dedicarmi alla meditazione religiosa e non vi darò più fastidio. Potete girare liberamente senza alcun timore” e fece una pausa.
“Tutto ciò che vi chiedo” soggiunse, “è che due volte al giorno voi passiate in fila davanti a me e vi prostriate in segno di gratitudine per il mio buon cuore”.
All’udire un simile discorso da parte del vecchio nemico, i topi furono sopraffatti dalla felicità, e promisero prontamente di fare come egli chiedeva. Caspita! Valeva ben la pena di umiliarsi davanti al gatto per potersi muovere liberamente!
Secondo gli accordi, quella sera il gatto venne a mettersi su un cuscino a un estremo della più grande stanza del tempio, e i topi, che avevano passato la giornata correndo liberamente attorno, cominciarono a sfilargli davanti uno dopo l’altro, inchinandosi profondamente.
Bene, ascoltate adesso qual era il piano del gatto: lasciò passare tutta la processione, ma quando fu il turno dell’ultimo topolino, fece un balzo e, afferrandolo tra le zampe, lo divorò. Nessuno di quelli che erano già passati se ne accorse.
Così andò avanti per qualche tempo. Due volte al giorno i topi passavano in fila davanti al gatto per attestare la loro riconoscenza, e due volte al giorno il gatto saltava sull’ultimo della fila e lo mangiava.
“E’ molto più facile che andare a caccia!” sogghignava il gatto pieno di sè.
Ora fra i topi che vivevano al tempio c’erano due fratelli di nome Ambè e Rambè, che erano più intelligenti degli altri. Ben presto essi si accorsero che il numero di topi nel tempio sembrava diminuire sensibilmente, sebbene il gatto avesse promesso di non molestarli più, e cominciarono a sospettare che il gatto facesse un gioco sleale. Così architettarono un piano astuto: decisero che nei giorni successivi Rambè avrebbe sempre marciato in testa alla processione dei topi, e Ambè in coda. Durante tutta la processione, Rambè avrebbe chiamato Ambè, e Ambè avrebbe risposto: così sarebbero stati certi che il numero di topi rimaneva invariato.
La sera dopo, dunque, la processione si incamminò con Rambè in testa e Ambè in coda. Subito dopo la genuflessione Rambè squittì sonoramente: “Sei ancora lì, fratello Ambè?”
E dal fondo della processione Ambè squittì di rimando: “Ci sono ancora, fratello Rambè!”
Così continuarono a chiamarsi l’un l’altro finchè Ambè non fu passato sano e salvo davanti al gatto… il quale non aveva osato saltare su di lui mentre il fratello continuava a chiamarlo.
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