Una storia per presentare le vocali in prima classe – un racconto in uso nella scuola Waldorf per presentare ai bambini vocali dell’alfabeto maiuscolo.
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Una storia per presentare le vocali in prima classe
“La storia di Lauretta”
Molto, molto tempo fa, in un paese ai confini del mondo,viveva una bambina che si chiamava Lauretta. Quel paese era come un giardino, era un mare d’erba senza confini, i fiori erano i pesci, di mille colori e di mille specie. Se ne occupava un giardiniere, che conosceva tutti i segreti della vita, così quei fiori non appassivano mai, anzi diventavano sempre più belli, luminosi, profumati. Lauretta viveva proprio in quel giardino come un fiore tra i fiori. Ma proprio davanti alla sua casetta di fiori non ce n’erano. Anche lì l’erba era tenera e delicata, l’aria luminosa e tiepida come una carezza, ma non un fiore. E questa sua aiuola davanti casa le metteva malinconia.
Un giorno arrivarono nel paese un uomo e una donna: camminavano lentamente, con la schiena curva, sembravano molto stanchi. Andarono dal giardiniere e gli consegnarono due sacchettini. Poi si stesero sull’erba a riposare, e mentre dormivano il giardiniere aprì i due sacchetti e sparse i semi che contenevano nel prato. Magicamente apparvero nuovi meravigliosi fiori. Lauretta, che aveva osservato la scena da lontano, corse allora dal giardiniere per chiedergli una manciata di quei semi da spargere sulla sua aiuola senza fiori. Ma il giardiniere le disse che lui altri semi non li aveva, e che non ne esistevano nemmeno altri in tutto il loro paese: per procurarseli bisognava essere disposti a partire per un lungo viaggio.
Lauretta provava un desiderio fortissimo, che la spinse ai margini del giardino e senza che quasi se ne rendesse conto, si trovò a percorrere il sentiero del bosco, un sentiero che diventava sempre più ripido, stretto e buio. Lauretta aveva paura, ma proprio quando pensò di tornare indietro ricordò il giardiniere e il suo volto rassicurante e sereno, e si fece coraggio. Rialzando lo sguardo, vide sorgere davanti a sè, in fondo al sentiero, un grande arco luminoso. Lo oltrepassò, e si trovò in un’ampia sala circolare, al centro della quale splendeva una creatura incantevole. La sua veste era candida come neve, i suoi capelli una cascata d’argento fine, il suo volto pallido e luminoso come luna d’estate. La splendida creatura sedeva su un cuscino di seta finissima, e teneva fra le dita delicate un sottilissimo filo di luce, che avvolgeva lentamente, in silenzio, formando un gomitolo sempre più grande. Non guardò Lauretta, sembrò proprio non accorgersi nemmeno di lei, continuando ad avvolgere il gomitolo. Lauretta la guardava trasognata e col cuore in attesa.
La creatura finalmente si alzò, e fissandola negli occhi, le porse il gomitolo di luce. Lauretta se lo portò al cuore, chiuse gli occhi per un istante poi, raccogliendo tutto il suo coraggio, lo lanciò dietro di sè. Subito si sentì venir meno le forze, e cadde addormentata, mentre il filo magico, srotolandosi, disegnò un sentiero tortuoso, che si perdeva in lontananza, tra il verde. Lauretta si svegliò nell’ora magica dell’aurora, quando tutto è avvolto da pallida luce azzurra. Tutto era silenzio. La natura era immersa nel sonno. Dormivano gli uccelli nel nido con la testina sotto l’ala, dormivano gli scoiattoli raggomitolati nelle loro tane, dormivano le api nelle loro cellette, dormiva la coccinella dentro il calice del fiore bianco, dormiva la lucertola sotto il sasso, dormiva la lumaca sotto la foglia, perfino le mosche dormivano, e le zanzare, e le libellule e le farfalle. I fiori non mostravano i petali, perchè dormivano anche loro. Lauretta si sentiva smarrita, non ricordava nulla di ciò che le era accaduto fino a quel momento, ma lo spettacolo che le si presentò era così straordinario che la fece commuovere: il sole stava sorgendo lentamente all’orizzonte, e intorno a lui si spandeva una calda luce rosata. Le labbra di Lauretta si schiusero senza che se ne rendesse conto, e tutta la sua ammirazione e la sua devozione risuonarono come una lunga A. Dopo qualche istante il sole comparve rosso in tutta la sua maestosità, ed Lauretta fu quasi accecata da tanto splendore.
Così cominciò a percorrere il lungo sentiero che il gomitolo di luce aveva tracciato per lei. Il mondo era magnifico, Lauretta non sapeva da che parte voltarsi per ammirare tutto quello che aveva intorno. Era un mondo da scoprire e gustare: colori, suoni, e profumi ovunque. I fiori si erano svegliati e stiracchiavano al primo sole i loro petali, mentre l’erba sembrava un tappeto tessuto con tutte le sfumature di verde. L’aria vibrava del canto degli uccelli. Lauretta corse sui prati, si rotolò tra l’erba, ammirò i cespugli fioriti, vide alberi di ogni forma e grandezza e tra le frode vide fervere la vita: uccelli che costruivano il nido, scoiattoli che si rincorrevano saltando da un ramo all’altro, insetti che ronzavano leggeri nell’aria.”Chi sei?” chiese Lauretta a una creaturina col vestito giallo e nero, che volava di fiore in fiore. “Sono l’ape operosa, faccio visita agli amici fiori che mi danno il dolce nettare da portare nella mia casetta. Con quel succo farò il miele, che piace tanto agli uomini”. Ma ora cosa stava succendendo? Un fiorellino bianco si era messo a volare? Ma no, era una farfalla. “Non devi toccarmi, sulle mie ali c’è la polverina magica che mi fa volare, e se me la sciupi non potrò più visitare i fiori, che mi sono fratelli. Sai, loro hanno le radici e non possono volare, sono io che racconto loro i segreti del cielo, dell’aria e della luce.” La farfalla si posò tra i capelli di Lauretta, e subito altre se ne aggiunsero, a formare una corona. “Ma guardate, farfalline! Lì la terra si sta muovendo, che succede?” Un buffo musetto comparve davanti a lei, appuntito, con gli occhi chiusi. “E tu chi sei?”
“Sono la talpa, scavo gallerie sotterranee. Le mie zampette sono anche meglio delle pale che usano gli uomini nel loro lavoro. Piacere di averti conosciuta Lauretta, ma ora è meglio tornare a casa per me, questa luce mi dà fastidio e ho molto lavoro da sbrigare”.
Mentre la talpa ne ne andava, Lauretta sentì solletico a un piede e vide un cosino piccolo e nero camminare veloce veloce “Sono la formica, non farmi perdere tempo bimba. Devo raccogliere il chicco che ho perduto e correre dalle mie sorelle che mi stanno aspettando.””Posso vedere la tua casa?””Sì, ma promettimi di non toccarla, potresti rovinare il lavoro di ore solo muovendo un dito. Se hai pazienza e mi aspetti, ti indicherò la strada.”
Lauretta attese a lungo, poi vide arrivare la sua amica che trasportava faticosamente il grosso chicco di cui le aveva parlato. Quando giunse al formicaio, Lauretta vide tantissime piccole creature lavorare insieme instancabilmente: avevano costruito un monticello fatto di aghi di pino, frammenti di legno, squame di pigne e altro. Le formiche entravano e uscivano da mille gallerie, trasportando le provviste da mettere nella dispensa. “Care amiche, quanto lavoro e quanta pazienza…”
Poi si allontanò di qualche passo e subito un albero catturò la sua attenzione, così carico com’era di frutti rossi. Lauretta cercò di prenderne uno, ma senza riuscirci. “Salta, pigrona”, le gridò una vocina dall’alto. Era uno scoiattolo che saltava e giocava tra i rami scendendo e risalendo lungo il tronco. Giocarono un po’ a rincorrersi, poi stanca ed accaldata Lauretta sedette sotto l’albero a mangiare un po’ di frutti rossi, e lo scoiattolo le venne in braccio a farsi accarezzare un po’. Si sentiva un mormorio d’acqua in lontananza: era un limpido ruscello. Lauretta entrò nell’acqua a piedi scalzi, si chinò a bere, e mentre guardava la sua immagine riflessa si accorse della presenza di piccole creature trasparenti, vestite di veli sottili, che si muovevano nel ruscello. “Siamo Ondine e conosciamo tutti i segreti dell’acqua. Seguici”.
Le Ondine accompagnarono Lauretta fino a una bella cascata e le dissero” Ti servirà un po’ di questa durante il tuo viaggio, che sarà lungo e pieni di pericoli; ti salverà la vita. Ma per averla dovrai trovare la sorgente, e vincere la paura. Il vecchio Eremita ti aiuterà”. Detto questo scomparvero. La bimba si mise in cerca della sorgente. Il paesaggio diventava sempre più minaccioso e buio e la salita sempre più ripida. Ad un certo punto il sentiero si interruppe davanti a uno spaventoso burrone. Sotto il torrente scorreva impetuoso e grigio. Tornare indietro non si poteva, ma come fare per proseguire? Lauretta sedette sotto un grande albero frondoso e subito si sentì protetta e confortata. “Non disperare” le disse l’albero “con l’aiuto del mio amico vento ti faremo passare dall’altra parte”. Così i rami dell’albero si piegarono sul precipizio a formare un ponte verde, coraggiosamente lei cominciò a percorrerlo. La vista era impressionante, sembrava di essere nel vuoto, uh che paura guardare in basso! Quando finalmente giunse dall’altra parte, vide un vecchio dalla lunga barba bianca che le veniva incontro: era l’Eremita di cui le Ondine le avevano parlato. “Ti stavo aspettando” disse “sei stata brava a vincere la paura!”. Il vecchio portò Lauretta nella sua grotta, le offrì da mangiare e da bere e si occupò di lei.
Era sera, il sole tramontava in mille sfumature di rosso e di viola. Il vecchio sedette accanto alla bambina, a raccontarle le mille storie che conosceva, mentre lei lo ascoltava ammirata. Quando si fece buio, prima di coricarsi, la condusse fuori, sotto il cielo stellato. La notte era limpida e serena, e un silenzio magico regnava su tutte le cose. Il saggio, indicando le stelle, spiegò che erano le finestre celesti dalle quali ogni notte gli angeli guardano la terra. Ad un tratto una luce diafana rischiarò il paesaggio e fece impallidire le stelle. Lauretta vide comparire allora dal sottile contorno dei monti la luna, in tutta la sua bellezza. “Oh, che meraviglia!” esclamò rapita. “Quello è lo specchio del sole, che rischiara la notte. Io so da dove sei venuta, Lauretta. Tu sei entrata nel mondo attraverso quella porta, la porta della luna. Ed hai tracciato tu stessa il tuo cammino, lanciando dietro di te il gomitolo dei ricordi. Dovrai percorrere la tua strada con coraggio e decisione, per poter raccogliere i semi che ti sei proposta di portare al giardiniere. Attenta a non farti sviare da nulla e da nessuno: la tua strada ti condurrà alla porta del sole, dove qualcuno che veglia sempre su di te ti attende.”
Lauretta ascoltò in silenzio le parole dell’eremita, e ne conservò il ricordo per sempre. Il mattino seguente il vecchio la salutò, le diede una bottiglietta dell’acqua della sorgente, e Lauretta riprese il suo cammino. Passarono le ore, e lei era stanca e accaldata. Il sole era alto nel cielo e stava attraversando una pietraia desolata e arida. Come avrebbe voluto inoltrarsi nel boschetto che si distenteva invitante ai due lati di quella larga e assolata strada. Ma, ricordando le parole dell’Eremita, continuò per la sua strada senza lasciarsi tentare. Di tanto in tanto beveva un sorso d’acqua, per riprendere le forze. Finalmente vide in lontananza alcune case, e giunse così ad una piazza che aveva al centro un pozzo, ma era completamente asciutto. Le strade del paese erano deserte, i campi bruciati dal sole, le zolle spaccate dalla siccità, e un vento caldo e secco sollevava una polvere sottile come sabbia, che si insinuava ovunque. Lauretta bussò a una porta e senza attendere risposta entrò. Un povero vecchio se ne stava sdraiato a letto, e accanto a lui c’erano uno uomo una donna e i loro tre bambini. “Acqua…” chiesero imploranti non appena videro Lauretta. “Abbiamo sete. Le mucche non danno più latte, le persone sono deboli e malate, non possiamo bere, lavarci, irrigare i campi, cuocere il cibo.”Aurina vide che nella bottiglia era rimasto un ultimo goccio d’acqua. Anche lei aveva sete, ma lo offrì al vecchio che stava a letto. E appena riebbe la bottiglia tra le mani, si accorse che era diventata pesante: si era riempita di nuova acqua!
Lauretta non poteva credere ai suoi occhi, e con quell’acqua che non finiva mai tutto il villaggio potè finalmente bere.Verso le tre del pomeriggio, il cielo si oscurò improvvisamente, come se fosse calata la notte, e si udirono in lontananza cupi brontolii minacciosi. Lauretta si accorse allora che il sole era scomparso, mentre grossi nuvoloni neri si addensavano nel cielo. La bimba si diresse di corsa derso la casa, tutta impaurita, ma venne travolta da un turbine di persone che, uscite di casa esultanti, guardavano il cielo piene di speranza. Lauretta pensò che fossero impazziti tutti, ma poi una grossa goccia di pioggia le bagnò la fronte, guardò in alto ed esclamò “Ih, cade acqua dal cielo!”. In un istante il suo visetto era fradicio, i suoi capelli gocciolavano, il vestito e le scarpe erano inzuppati. Era la pioggia che gli abitanti di quel paese avevano atteso da lunghissimo tempo, e che non speravano più potesse arrivare. Quella mancanza d’acqua era stata una dura punizione. Un tempo, in quei luoghi, regnava una tale abbondanza che gli abitanti erano diventati degli spreconi: sciupavano i doni che ricevevano, e addirittura gettavano via il cibo. I bambini giocavano a palla con la frutta, e se un pezzetto di pane cadeva per terra lo lasciavano lì, senza curarsene minimamente.
Un giorno un povero mendicante affamato era giunto in quel paese, ma nessuno lo aveva aiutato. Al contrario, tutti lo avevano deriso e lui era stato costretto a cercarsi qualcosa da mangiare in mezzo alla spazzatura. Così gli angeli, che tutto vedono, avevano punito duramente quel paese, e da quel giorno non era più caduta una goccia d’acqua. Ora finalmente il gesto generoso di Lauretta era riuscito a commuovere il cielo, che così, con quella pioggia, stava ridonando la vita a tutto il paese. Quella notte Lauretta riposò serena e felice, e al suo risveglio l’attese una sorpresa straordinaria: nella sua mano sinistra era nascosto un piccolo seme, simile a una goccia di luce. Come aveva fatto quel semino a trovarsi proprio nella sua mano? Chi poteva averglielo messo? E come mai non si era accorta di nulla durante la notte?Lauretta mise il prezioso semino nella tasca del vestitino e non disse niente a nessuno. La pioggia continuò a cadere ininterrottamente sul paese per giorni e giorni. Lauretta visse in quel paese come una regina e nessuno voleva che se ne andasse. Aiutando gli abitanti del villaggio guadagnò molti altri semini. Ma quando smise di piovere accadde qualcosa: nel cielo un po’ scuro apparve l’arcobaleno.
Tutti uscirono ad ammirarlo, ma certo nessuno si emozionò come Lauretta. Lei aveva già visto quei colori che sfumavano delicati l’uno nell’altro, ne era sicura! Ma non ricordava dove, nè quando. Un’inspiegabile nostalgia le fece decidere di andare verso l’arcobaleno, per scoprire dove finiva. Gli abitanti del paese provarono a trattenerla, ma lei era decisa, accettò delle provviste per il viaggio e partì.Il cammino sembrava interminabile, giorni e giorni tra rocce scoscese e sentieri bui, la notte sotto le stelle, a dormire sulle foglie secche. Ma Lauretta non era sola: a sua insaputa gli gnomi del bosco stavano lavorando per aiutarla. Queste piccole creature, conoscendo il cammino che la bimba doveva percorrere, correvano sempre avanti a lei e le preparavano meglio che potevano la strada, scavando appigli sicuri per i suoi piedini, rendendo i sassi più lisci e senza punte, spostando i tronchi caduti col temporale. Di notte facevano zittire la civetta, perchè non spaventasse Lauretta col suo verso. Qua e là mettevano piante di lampone e di mirtillo, e disponevano le radici degli alberi a formare scalette. Ogni notte, mentre la bimba dormiva nel bosco, accendevano un bel fuocherello per riscaldarla, e vegliavano sul suo sonno per impedire che le accadesse qualcosa. Quando si accorsero che le sue scarpette erano consumate, con la corteccia degli alberi, un po’ di muschio e rametti teneri intrecciati ad arte, confezionarono per lei un bellissimo paio di stivaletti nuovi. Lauretta li trovò un mattino al suo risveglio: era stupita e contenta, e li calzò felice, chiedendosi chi mai li avesse fatti e poi portati lì. Quel giorno trovò anche tantissime nocciole lungo la strada, ed erano già sbucciate!
Quando Lauretta giunse finalmente là dove finisce l’arcobaleno, vide una luce dorata che si spandeva in un’atmosfera incantevole e magica. E dove la luce era più intensa e sfavillante, c’era una pentola d’oro. Lauretta si avvicinò per toccarla e per assicurarsi che non fosse tutto un sogno, ma proprio in quel momento si udì un boato spaventoso, la terra tremò, e un gran masso rotolò giù dal monte. Appena si fu ripresa dallo spavento, Lauretta guardò in alto, ma non vide nulla. Allora tentò nuovamente, con molta cautela, di avvicinarsi alla pentola d’oro, ma non appena lo fece altri sassi rotolarono dalla montagna mettendola in grave pericolo. Sedette pensierosa riflettendo sul da farsi, e si accorse che le pietre cadevano dall’alto a intervalli regolari. Vide poi, sulla cima del monte, delle figure gigantesche: erano loro a lanciare i massi, e lo facevano come si lanciano i sassolini. Lauretta capì che contro tanta forza bisognava agire d’astuzia. Riuscì a calcolare il tempo che trascorreva tra il lancio di un sasso e quello successivo, e con gesto fulmineo si impadronì della pentola. Mentre fuggiva, pensando che i giganti la inseguissero arrabbiati, si accorse con stupore che nel momento stesso in cui lei aveva preso la pentola, sulla montagna regnava una perfetta tranquillità. Decise allora di esplorare i dintorni, per scoprire quali misteri nascondessero quei luoghi, e dopo varie ricerche trovò una piccola porticina nella roccia. Un po’ intimorita bussò e udì una voce proveniente dall’interno, che poco gentilmente le diceva “Chi viene a disturbarci? Non abbiamo tempo da perdere noi. Dobbiamo lavorare, estrarre i cristalli e le pietre preziose per il nostro re, non apriamo agli estranei.”
Lauretta riusciva a sentire uno strano brulichio al di là della porta, e sbattere e scavare, e borbottare e brontolare. Bussò per la seconda volta e si affrettò a dire “Sono Lauretta, vengo da molto lontano e ho con me una pentola d’oro”. Non ebbe finito di parlare, che all’improvviso la porta di aprì e lei si trovò nel regno degli gnomi, che la accolsero gioiosamente. “Sapevamo che saresti arrivata, è da tanto che ti aspettiamo.”. Dopo aver affidato la pentola agli gnomi, Lauretta trascorse la notte nel loro regno. Ed ecco al suo risveglio, nella mano sinistra c’era un nuovo seme. Pur senza capire da dove venisse quel dono, Lauretta lo ripose con cura nella tasca del vestito, insieme all’altro.
Durante la notte, mentre lei dormiva, gli gnomi si erano riuniti in consiglio, avevano acceso un bel fuoco e avevano fuso l’oro della pentola e forgiato una miriade di piccoli campanellini magici. Al sorgere del sole, proprio mentre Lauretta stava guardando il suo semino, il piccolo popolo si radunò ai piedi del monte dei giganti. Ogni gnomo aveva tra le mani un campanellino, e quando tutti insieme cominciarono a farli suonare, arrivò l’esercito dei giganti, guidati dal loro capo. Quelle enormi creature apparivano incredibilmente mansuete e silenziose, come se fossero in attesa di ricevere ordini. Il re degli gnomi disse “Da questo momento voi sarete al nostro servizio. La vostra forza non seminerà più il terrore, ma diventerà utile a tutte le creature.”
Così, seguendo gli ordini degli gnomi, i giganti si misero all’opera. Tolsero tutti i sassi che avevano lanciato, e ricomparve il meraviglioso laghetto sottostante. Tutti gli animali accorsero ad abbeverarsi e venne organizzata una grande festa, con canti e danze. Poi gli gnomi ordinarono ai giganti di piantare sulle pendici dei monti degli alti pini, per proteggere la zona dai forti venti e per evitare il pericolo di frane. C’era nelle vicinanze un torrente impetuoso, le cui acque devastavano il paesaggio circostante. Sotto la guida degli gnomi, i giganti placarono la furia di quel torrente coprendone il fondo con grossi massi. Scavarono anche molti sentieri sulle montagne, per rendere i viaggi meno pericolosi e la zona meno selvaggia. Lauretta visse per un certo periodo con gli gnomi, ed aiutandoli guadagnò molti altri semini, ed ebbe anche modo di conoscere la vita e le abitudini dei giganti. Ma per quanto stesse bene in quel luogo, venne il giorno di riprendere il suo viaggio.
Ancora una volta si trovò a camminare sola per il mondo. I suoi passi la portarono a percorre una lunga strada in salita. Cadde più volte per la stanchezza, eppure continuò a salire, finchè giunse alle rive di un ruscello. Si rinfrescò in quelle limpide acque cristalline e si addormentò.
Il mattino seguente scoprì con grande sorpresa di non indossare più il suo vestito diventato vecchio e logoro durante il lungo viaggio, ma uno splendido abito di luce chiara finissima. Ma adesso dov’erano finiti tutti i semini, tanto faticosamente guadagnati? Eccoli! Brillavano come stelle in un sacchettino che qualcuno le aveva allacciato al collo.
In quell’istante Lauretta si accorse di non essere sola: un giovane principe le tendeva la mano “Io sono il principe del sole e ti aspettavo da lungo tempo. Tu tornerai con me nel giardino celeste, dove questi semi diverranno meravigliosi fiori che abbelliranno la tenera erbetta della tua aiuola.”
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