La “bambola Waldorf” è molto presente nel web e in molte delle nostre case, e forse è interessante leggere cosa ne dice l’antroposofia…
Il mio personale parere è brevemente riassunto qui LAPAPPADOLCE. Trovo però utile la pubblicazione di questi due articoli intanto per chi crede (perchè di credo si tratta, come vedrete) nell’antroposofia, perchè sono articoli abbastanza rari, e poi per le persone che magari sono affascinate dall’indubbia bellezza degli ambienti e dei materiali delle scuole steineriane, ma non ne conoscono i presupposti… Conoscere è importante…
Questo genere di bambola non è stato inventato da Rudolf Steiner: sono le bambole dei bambini poveri, che sempre le mamme hanno confezionato per i loro bambini prima dell’avvento della produzione in serie, della plastica, e dell’estetica e dei bisogni indotti dal marketing.
I bambini ricchi avevano la bambola di porcellana, i bambini poveri giocavano con la bambola fatta con le foglie del mais (da cui la famosa bambola annodata), o con figure intagliate approssimativamente nel legno, o con uno straccio annodato, appunto… Oppure le mamme e le nonne facevano le bambole di pezza ai loro bambini. Quello che ha fatto Steiner è stato “canonizzare” il modello e inserirlo all’interno di un complesso impianto filosofico-teologico, cosa che ha fatto praticamente con ogni possibile aspetto della vita (dall’agricoltura all’arredamento all’abbigliamento a tutte le arti e non mi dilungo). Ma così oggi ha senso parlare della bambola di pezza, come della “bambola Waldorf”, e in questo modo un’importantissima tradizione continua a vivere.
Come sempre dico, io credo che la bambola fatta a mano sia un giocattolo bellissimo, qui c’è in mio manuale se può esservi d’aiuto:
qui: manuale per realizzare le bambole Waldorf
bellissimo farla e bellissimo giocarci, ma mi sento libera di non credere a quanto ci si vuole mettere dietro; pure rispetto chi lo crede, se è consapevole e altrettanto rispettoso.
Questi articoli sono comparsi in Von der Wurde des Kindes intorno agli anni ’70, il primo (Pensieri aforistici sulle bambole) a firma di Anne Schnell, il secondo (Bambole e animali nella stanza dei bambini) di Johanna Veronica Picht. Li ho rimaneggiati parecchio nel tentativo di renderli il più comprensibili possibile a tutti. Le parti in grassetto sono quelle che più direttamente fanno riferimento alla confezione della bambola…
Bambole e animali nella stanza dei bambini
Secondo Steiner tutto ciò che il bambino vive nel suo ambiente, lascia in lui profonde impressioni, e non solo immagini-ricordo. Il bambino infatti non imita soltanto le persone, ma anche il colori, le forme, e la qualità degli oggetti che lo circondano, e imitando tutto muove in lui sentimenti, e questi sentimenti poi sono gli stessi che si trovano implicati nella costruzione dei suoi organi interni: le impronte lasciate dalle immagini divengono un ricordo indelebile scritto nel corpo del bambino.
In altre parole il corpo trattiene le esperienze dell’infanzia.
Chiediamoci dunque quale significato possono rivestire la prima bambola o il primo animale giocattolo del bambino, visto che si tratta dei due oggetti più frequentemente proposti.
Consideriamo la bambola. Ce ne sono di tutti i tipi: grandi e piccole, dure e morbide, vestite sfarzosamente o avvolte in semplici stoffe, con occhi che di aprono e si chiudono, con un meccanismo parlante; sono fabbricate in serie oppure cucite a mano, avvolte con un panno, annodate, legate o intagliate nel legno.
Eppure nessuna di queste bambole può competere con ciò che il bambino stesso, con la sua fantasia creatrice, eleva al ruolo di bambola. Spesso è un pezzo di legno a trasformarsi in bambola, oppure un paio di pagliuzze legate fra loro, oppure una borsa dell’acqua calda avvolta in un panno. Con un vecchio pannolino si possono svolgere, la sera a letto, interessanti discussioni; oppure una palla colorata con la sua coda di strisce colorate, di quelle che si preparano per giocare in estate, può essere portata a passeggio nella carrozzina.
E’ un bisogno primario del bambino quello di possedere una bambola, amarla, curarla e portarla in giro con sè. La bambola dà al bambino la possibilità di trasferire su di lei ciò che lui stesso sperimenta nel suo rapporto con la mamma, di confidare le proprie gioie e le proprie preoccupazioni, come si trattasse di una parte di sè, a volte dandole addirittura il proprio nome.
Il bambino secondo Steiner sta ancora compiendo il suo cammino di incarnazione ed è al tempo stesso molto aperto, con dedizione, al mondo esteriore. In lui interno ed esterno non sono ancora divisi. Così nel gioco il bambino si trova in un elemento creativo di libertà, e che offre possibilità molteplici.
Il bambino piccolo non sperimenta la bellezza esteriore della bambola, ma ciò che egli stesso ha messo della sua interiorità in ciò che per lui assume il ruolo di bambola. Se la bambola è vecchia, sporca e lacera, la mamma deve avere grande sensibilità per cogliere il giusto momento per rinnovarla o ripararla senza ferire il bambino, magari con piccole modifiche graduali.
La separazione da una bambola dovrebbe essere sempre lasciata alla decisione del bambino. Spesso la primissima bambola viene conservata per lunghissimo tempo dai bambini: la farfalla non è ancora volata via da questa bambola… Esiste un’identità di termine, nella lingua tedesca, per indicare la bambola e il bozzolo da cui si libererà poi la farfalla. La parola è Puppe per entrambi, quasi che la bambola contenesse in sè anche una farfalla che attende di volare via, come il bambino che esce dalla sua infanzia.
La bambola è un’accompagnatrice, una confidente, un’amica capace di consolare, un aiuto nel cammino del divenire dell’uomo e un sostegno a trovare se stessi. Come immagine dell’uomo il bambino esercita con lei le qualità sociali di base.
Come deve essere una bambola, perchè possa rispondere al meglio alla sua funzione?
Intanto la bambola deve lasciare libera la fantasia infantile, quella fantasia infantile che anima la bambola (le dà un’anima): la bambola deve poter piangere o ridere, star sveglia o dormire. Deve anche poter diventare facilmente un principe o una principessa, un bambino o una bambina. Ma non solo.
Anche la fantasia infantile ha bisogno di essere nutrita, stimolata, chiamata in causa e messa in movimento. Questo non accade quando l’espressione del viso presenta un sorriso irrigidito, quando non rimane più niente da fare per caratterizzare, abbellire, modificare.
Steiner ha più volte parlato della bambola semplice come orientamento, come il giocattolo che apre la strada, nel primo settennio, a tutti gli altri:
– dapprima una piccola bambola di legno,
– a sei mesi una bambolina in stoffa di lino legata e annodata, con occhi e bocca ricamati
– più avanti ai ferri, cucita a mano sia con testi di stoffa (lana, velluto, seta), sempre confezionata con semplicità, armoniosa nelle proporzioni, ed accompagnata con un corredino di teli e fasce, preferendo i colori blu e verde per i bambini più tranquilli, e rosse e giallo per i bambini facilmente stimolabili
– verso i sei sette anni è il momento per la bambola più articolata, con biancheria ed abiti, calze e scarpe.
Se il bambino si trova nell’età della fantasia, allora la sua anima, come in sogno, si espande attorno alla bambola. Non si dovrebbe mai dare alla bambola un aspetto caricaturale e bisognerebbe evitare esagerazioni nella struttura e nell’espressione. Mentre nei riguardi di una bambola annodata il bambino stesso, di propria iniziativa, delimita e completa con ciò che, dall’oggetto, fa nascere una figura umana. Questo lavoro della fantasia che il bambino compie attraverso il gioco con questa bambola, agisce sul suo cervello e gli dà forma, lo schiude come si schiudono i muscoli della mano che si apre. Un’immagine caricaturale limita tantissimo la fantasia, la blocca, e la sua forza rimasta inattiva, non stimolata, si atrofizza. L’immagine caricaturale inoltre rappresenta un’offesa all’immagine umana, e si va ad imprimere comunque profondamente nel bambino, paralizzando il suo sano sviluppo.
Prendiamo ora in considerazione gli animali, che l’adulto propone al bambino nei primi anni di vita, e anche qui ci si offre un quadro molto complesso: ci sono animali in stoffa, in legno, rigidi, in movimento. Ma anche da tappeti, tende, decorazioni varie, libri illustrati, versi, poesie, racconti, fiabe, il bambino incontra gli animali. Non da ultimo, naturalmente, ci potranno essere in casa animali veri…
Il bambino giocando imita l’animale, ed anche in questo dovrebbe essere accompagnato dallo sguardo attento dell’adulto. Se si vuole prendere in considerazione quello che secondo l’antroposofia significa l’animale per il bambino, bisogna confrontarsi con il misterioso rapporto che lega l’uomo all’animale. Qui daremo solo alcuni cenni.
Sempre il regno animale spiega davanti a noi, in forma visibile, alcune caratteristiche che appartengono anche all’uomo, ma mentre nell’uomo tali caratteristiche sono tutte espresse, nell’animale se ne manifesta una soltanto. Si dice appunto che l’animale è unilaterale.
Partiamo dalla vita quotidiana. Quando tra esseri umani qualcuno si comporta male, diciamo diventa unilaterale, capita spesso che gli venga proprio dato dell’animale (sei un maiale, una volpe, un somaro, hai lacrime da coccodrillo, ecc..).
Nelle favole vengono messe in evidenza le qualità animiche umane, spesso in senso negativo, attraverso gli animali: la volpe furba, il lupo ingordo, la mucca stupida, ecc…
D’altro canto in molte culture esistono animali considerati sacri, e nell’antico Egitto la divinità stessa veniva rappresentata con la testa di animale.
Partendo dall’osservazione, proviamo dunque a confrontare tra loro l’animale e l’uomo.
Quando il bambino nasce sta disteso sulla schiena con gli occhi rivolti al mondo, e durante l’allattamento ha gli occhi rivolti verso la madre, che lo tiene fra le sue braccia. Il viso della mamma incontra quello del bambino, e nasce il primo sorriso. Per gli animali è molto diverso, ad esempio per i cuccioli di cane e di gatto, che appena nati stanno distesi sulla pancia, completamente rivolti alla terra. La madre dell’animale, mentre li allatta, non li può vedere.
Quando iniziano a crescere, ecco che la linea della colonna vertebrale si mostra nell’orizzontale, parallela alla superficie terrestre, per cui si crea uno stretto rapporto tra il muso e la coda. Al contrario il bambino è predisposto al portamento eretto, anche se lo deve conquistare attraverso l’imitazione. La verticale tra baricentro terrestre e lo zenith, che rende possibile il mantenimento dell’equilibrio, l’andare, il camminare, la libertà delle braccia e delle mani, la posizione di riposo del capo che diviene la premessa per il linguaggio ed il pensiero, si dimostra al tempo stesso come una qualità morale tipicamente umana: infatti nel linguaggio comune parliamo di uomo retto per esprime delle qualità morali.
Solo l’uomo ha in sè la verticale.
Un’ulteriore contrapposizione tra uomo ed animale riguarda la velicità con la quale l’animale cresce e diventa fertile, e la lentezza dello sviluppo dell’uomo, che per un lungo periodo della sua vita resta dunque aperto e plasmabile.
La natura provvede a che, per l’alto contenuto di calcio contenuto nel latte, l’animale pervenga ad un rapido indurimento dello scheletro, mentre il latte umano contiene una quantità di calcio di gran lunga minore.
Con il precoce indurimento e l’acquisizione di una figura ben demarcata, l’animale è soggetto all’unilateralità ed alla specializzazione: i suoi arti diventano presto utensili al servizio di scopi ben determinati quali il nuotare, lo scavare, l’arrampicarsi, l’afferrare, ecc…
Lo sviluppo dell’uomo, lentissimo, gli dà la possibilità di un maggiore sviluppo in campo animico e spirituale. Quando sotto una spinta di crescita o in una fase di sviluppo organico cui, come nella pubertà, il fisico è sotto sforzo, il suo livello di coscienza di abbassa, e l’uomo si trova ad affrontare un periodo critico e difficile.
Nell’essere umano la stazione eretta ha condotto al libero uso delle proprie mani, che sono uno strumento dell’Io. Lo spirito inventore dell’uomo crea gli utensili e le apparecchiature per volare, morse per afferrare, strumenti per scendere sott’acqua.
In questa chiave, secondo Steiner, l’uomo si pone quale coronamento della creazione. Se l’uomo riunisce in sè tutte le unilateralità degli animali, è da lui che gli animali derivano, e non viceversa. Inoltre proprio per il fatto di riunirli in sè, l’uomo è in grado di riconoscerli, di sentirli come gradini del suo sviluppo che egli ha lasciato dietro di sè, come fratelli che gli hanno permesso il cammino verso se stesso. L’uomo è dunque un’entità spirituale il cui tempio è il suo corpo, plasmato in funzione della libertà. E da questo doveroso sentimento di riconoscenza non può nascere la presunzione, ma soltanto un grande sentimento di responsabilità nei confronti del regno vegetale ed animale.
Christian Morgerstern ha scritto una poesia che esprime quanto esposto:
“Io ti ringrazio, pietra muta
e mi chino davanti a te:
a te devo la mia esistenza come pianta.
Io vi ringrazio, suolo e fiori,
e mi piego davanti a voi:
mi avete aiutato a divenire come animale.
Io vi ringrazio, pietra, erba e animale
e mi inchino davanti a voi:
voi tutti mi avete condotto a me stesso.
Noi ti ringraziamo, essere umano,
e ci adagiamo devoti davanti a te:
poichè noi esistiamo in quanto esisti tu.
Dalla divina unità e divina molteplicità
si rende ancora grazie:
e nel ringraziamento si divora tutta l’esistenza.”
Come educatori, secondo Steiner, possiamo davvero nutrire questo sentimento nei bambini, se nell’osservazione della natura riusciamo a passare dal semplice osservare la natura, ad una religiosità dell’immaginazione artistica e ad un pensare scientifico; allora tutto ciò passa ai bambini come amore ed attenzione verso animali e piante, verso gli elementi della terra.
Tuttavia dagli animali i bambini vanno anche protetti.
Poichè sappiamo con quanta intensità agisce la forza dell’imitazione, non dovremmo dare al bambino nessun animale che gli sia compagno (nè giocattolo nè vivente) nel periodo in cui egli stesso sta facendo sforzi immensi per alzarsi in piedi. In questa contrapposizione con la forza di gravità terrestre, lui vuole proprio superare l’animale e conquistare la postura umana. Ciò che questo significa, non viene per lo più riconosciuto nella vastità della sua portata. Quando poi il bambino sarà in grado di correre, allora sarà felice di tirarsi dietro un animale, o di spingere davanti a sè la bambola nella carrozzina.
Naturalmente col tempo il bambino potrà avere anche animali di pezza, tuttavia essi devono apparire nella loro vera forma animalesca ed avere gesti tipici, e non umanizzati.
Nel primo settennio ha più senso dare preferenza agli animali domestici. L’animale manifesta la sua natura in tutta la sua figura, non solo nella mimica del volto, come avviene nell’uomo. Se confeziono un animale per il bambino, non sarà quindi necessario che lo completi anche con gli occhi, e devo piuttosto stare molto attento a non far risaltare nel muso dell’animale tratti umani.
Cosa accade con l’orso e con la scimmia? In essi non è forse ancora più evidente la caduta, la spinta verso il basso? Questi animali sono così vicini all’uomo, e tuttavia non sono divenuti uomo. Non si esprime forse qui, nel modo più chiaro, la tragedia dell’animalità?
E’ sempre impressionante da vedere come il giovane gorilla abbia ancora tratti simili a quelli umani, soprattutto nella forma del capo. Il cucciolo dell’animale è ancora più vicino all’uomo di quanto lo sarà da adulto: crescendo se ne allontana sempre più.
In questi animali pesantezza e leggerezza si confondono, i piedi sono simili alle mani, testa e braccia pendono in avanti, attirati dalla forza di gravità. L’uomo, al contrario, con i suoi piedi si unisce totalmente alla forza di gravità, e da questo deriva che il capo e le braccia sono liberi per il pensare e per l’agire sociale.
Anche l’orso ha una relazione molto stretta con l’uomo. Anche lui ha una serie di peculiarità che sono simili a quelle umane, Ad esempio cammina poggiando l’intera pianta del piede, si può erigere e con le zampe mette in bocca lamponi, formiche oppure miele.
Quindi animali e bambole sono i giocattoli che accompagnano a ragione i bambini nel gioco e nella vita, bisogna però porre attenzione soprattutto alla scelta del momento giusto per proporli e alla loro qualità e fattura. Oggi spesso i bambini entrano in contatto con immagini di scimmie ed orsi umanizzati, e dietro a queste immagini si nasconde l’idea che l’uomo sia discendente dall’animale, un animale più evoluto. Tutti gli educatori sono chiamati a riflettere su questo, e ad educare la loro percezione. Non si può educare secondo ricette, dogmi ed ordini, ma solo sostenendo il bambino con giudizi elaborati personalmente.
Una rivoluzione dall’oggi al domani della camera dei vostri bambini è forse impossibile, ma certamente è possibile scartare qualcosa. Ad esempio si potrebbe mettere in un cestino tutti gli animali di pezza che spesso giacciono inutilizzati sugli scaffali, addirittura di fronte al letto. Alla bambola acquistata se ne potrebbe affiancare una fatta a mano e stimolare il bambino, con molta delicatezza, a decidere quale preferire. Si può portare il bambino nella natura dell’animale nel modo più bello, con delle poesie e delle piccole storie, come pure per mezzo delle fiabe.
Naturalmente ci possono essere in casa degli animali domestici, ma non dovrebbero essere troppo precocemente i compagni di gioco dei bambini, vale a dire nell’età in cui l’imitazione è ancora dominante. La cura di un rapporto amorevole con le lumache e i lombrichi del giardino, i bruchi e gli insetti, porta arricchimento all’anima del bambino.
Alcuni genitori lamentano che il loro bambino non sa giocare con la bambola. Si tratta di realtà alquanto misteriose che non sempre riusciamo a penetrare. L’amore verso l’animale o il timore nei suoi confronti giace spesso in profondità: può originare dall’imitazione oppure dal destino che il bambino porta con sè e che riguarda il suo futuro. Molto però dipende dal nostro saper fare con buonsenso, vale a dire da quale rapporto noi stessi abbiamo con le bambole dei bambini e gli animali, e da come li rendiamo partecipi della nostra vita quotidiana.
Non dobbiamo imporli al bambino, ma dobbiamo noi stessi sapere quanto importanti possano essere per lui, in questa nostra epoca in cui i bambini rischiano di essere svegliati troppo presto dal loro sogno infantile. Possono aiutarlo a trovare un legame d’affetto verso il mondo.
Si è cercato qui di esporre pensieri basilari. Ciascuno che ha a che fare coi bambini, cercherà, a partire dalla propria situazione, di fare ciò che è giusto al momento giusto. Si spera soprattutto di essere riusciti a comunicare il significato che riveste la bambola semplice, che rappresenta l’uomo, che proprio grazie alla maggior lentezza di sviluppo si è reso in grado di divenire un essere universale, animicamente e spiritualmente libero.
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